Idrogeno da biomasse e Green Deal: È possibile eludere le Leggi della termodinamica con una direttiva CE?

Last Updated on 14/08/2020 by Piero Mattirolo

Ripubblicazione di un articolo di Mario A. Rosato su Agronotizie.

L’European Green Deal (testo in italiano in questa pagina), fortemente voluto dall’amministrazione Von der Leyen, è il manifesto che la classe politica europea propone come ricetta per:

“… costruire un’Europa nella quale non ci sarà inquinamento locale, né perdita di biodiversità, né impatto globale sul clima, né povertà energetica, le imprese saranno competitive, la società giusta e prospera, e nessuno verrà lasciato indietro”.

Letto con spirito critico, puramente tecnico e privo di faziosità ideologica, il documento sembra più una lista di desideri utopici che una vera e propria linea guida, perché mancano le azioni concrete per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il contenuto include diverse affermazioni non supportate da prova alcuna, come ad esempio:
“La rapida diminuzione del costo delle energie rinnovabili, unita a una migliore definizione delle politiche di sostegno, ha già ridotto l’impatto delle energie rinnovabili sulle bollette energetiche delle famiglie” (sic).

Le serie storiche dell’ARERA (Autorità di Regolazione per Rnergia, Reti e Ambiente), riprodotte nella Foto 1, smentiscono tale affermazione, almeno per quanto riguarda le famiglie italiane. Negli anni del boom delle rinnovabili si osserva chiaramente una tendenza al rialzo del prezzo totale, causata dall’effetto combinato delle tasse – che rimangono costanti o in leggera crescita – e degli oneri di sistema che aumentano anche quando il prezzo dell’energia scende.

Figura 1: Dati ufficiali dell’ARERA sull’andamento del prezzo alle famiglie dell’energia elettrica e le sue voci di costo. Fonte https://www.arera.it/it/dati/eep35.htm, file https://www.arera.it/allegati/dati/ele/eep35new.xls , elaborazione grafica dell’Autore.

Il ruolo dell’idrogeno nel Green Deal

Prescindendo dalla disamina punto per punto del Green Deal, in questo articolo ci limiteremo ad analizzare uno dei “mantra” della retorica ecologista: l’economia dell’idrogeno. Successivamente verificheremo la potenzialità dei processi di gassificazione delle biomasse e se essi possano quindi rappresentare un’opportunità concreta per le aziende agricole italiane.

Nel settore delle energie rinnovabili, la “nuova economia ad idrogeno” è il tema più caldo del momento. Le notizie più recenti  vengono dalla Germania e riguardano l’inaugurazione di un treno -di produzione franco-tedesca- dotato di bombole d’idrogeno compresso che alimentano delle celle a combustibile   e di una flotta di autobus a idrogeno -di produzione belga- nella cittadina di Hürth (vicino a  Colonia). Certamente il nuovo treno Coradia iLint non emette fumo dal suo camino, ma non è chiaro se l’idrogeno che utilizza -prodotto dalla tedesca Linde- si possa considerare “pulito”. L’idrogeno che alimenterà gli autobus, invece, è il sottoprodotto di un polo industriale chimico, ma l’articolo citato non specifica se si tratti dell’idrogeno residuo della produzione di soda caustica -in linea di massima “pulito”- o della produzione di polietilene o PVC -prodotti derivati dal petrolio. Nemmeno è chiaro se il maggiore costo di un treno o di un autobus ad idrogeno rispetto alla semplice elettrificazione delle linee si giustifichi economicamente o mediante una LCA (life cycle analysis). Il reddito d’immagine per i politici francesi e tedeschi è invece indiscutibile.  Il Green Deal è stato subito tirato in ballo dalla stampa, malgrado nelle sue 25 pagine la parola idrogeno appaia solo 3 volte, specificando -senza però definirlo- che si tratta di “idrogeno pulito”. Nella realtà dei fatti, uno studio della IEA (International Energy Agency, figura 2) dimostra che l’idrogeno attualmente in commercio è tutt’altro che pulito: il 73% della produzione mondiale deriva da gas naturale, il 26% da carbone e solo l’1% si potrebbe ipotizzare sia l’”idrogeno pulito” a cui si riferirebbe il testo del Green Deal. Lo studio della IEA dimostra che, per ora, il costo di produzione dell’idrogeno con energie rinnovabili -intese come solo fotovoltaico ed eolico, tralasciando tutte le altre forme- è proibitivo.

Foto 2: Costo di produzione dell’idrogeno da diverse fonti energetiche
(Fonte foto: IEA, Hydrogen production costs by production source, 2018, IEA, Paris)

L’autore ha già espresso alcune perplessità sulla tanto chiacchierata “economia dell’idrogeno” nell’articolo Idrogeno da biometano, biometano da idrogeno. In questa sede è utile ricordare che la termodinamica non è un’opinione e le sue leggi non si possono derogare con una direttiva europea. Se ci sarà un business sull'”idrogeno pulito” in futuro, possiamo avere la certezza che esso si svilupperà solo grazie alle sovvenzioni pubbliche, pagate in ultima istanza dalle nostre tasche.
Perché tanto interesse nell’idrogeno se, come vedremo in seguito, l’efficienza del suo utilizzo non lo giustifica? La Foto 3 ci dà un indizio su quali saranno i principali paesi beneficiari delle cospicue sovvenzioni che verranno elargite in nome del Green deal, e quale sia la quota dell’Italia. Tragga il lettore le proprie conclusioni.

Foto 3: Classificazione per nazionalità delle industrie affiliate a Hydrogen Europe
(Fonte foto: pagina Hydrogen Europe, elaborazione grafica dell’autore)
Clicca sull’immagine per ingrandirla

Le tecnologie di produzione dell’idrogeno

L’Alleanza europea per l’idrogeno pulito (Echa) è stata inaugurata con una riunione di esperti e funzionari l’8 luglio 2020. Dalla sua dichiarazione sembra che l’unica tecnologia per produrre “idrogeno pulito” sia l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando i surplus di energia eolica e fotovoltaica. Il motivo per il quale l’autore afferma in modo così categorico che una economia basata sull’idrogeno non possa essere competitiva senza sovvenzioni statali è che, alla data odierna, esistono solo tre modi di produrre idrogeno a scala industriale:

  1. Elettrolisi dell’acqua.
    Questa è la soluzione proposta durante la crisi del petrolio che caratterizzò gli anni ’70. La ragione si deve al concetto molto semplice – solo apparentemente – capace di catalizzare il favore di politici e opinione pubblica. La soluzione consiste in immagazzinare gli eccedenti d’energia solare fotovoltaica ed eolica sotto forma d’idrogeno ed ossigeno. Le alternative di sfruttamento sono: la vendita dell’ossigeno alle industrie per i loro processi produttivi e la distribuzione dell’idrogeno in sostituzione del gas naturale, oppure ricombinare idrogeno e ossigeno in celle a combustibile per soddisfare i picchi di domanda elettrica. I motivi per i quali entrambe le alternative fallirono negli anni della crisi petrolifera sono di tipo commerciale oltre che termodinamico e non hanno niente a che vedere con oscure cospirazioni delle lobby del petrolio, logge massoniche o “poteri forti”. Per quanto riguarda l’ossigeno, esistono metodi più economici ed efficienti per ricavarlo direttamente dall’atmosfera, laddove serva, senza necessità di separarlo dall’acqua, comprimerlo e trasportarlo in bombole. Dall’altro canto, l’idrogeno non può sostituire il gas naturale per una lunga serie di motivi tecnici (vedasi l’articolo dell’autore citato prima). Per quanto riguarda invece la generazione elettrica di picco oppure, come nel caso del treno Coradia iLint, la sostituzione dei combustibili fossili nel settore dei trasporti, l’efficienza complessiva del ciclo non giustifica la soluzione proposta. Il rendimento dell’elettrolisi, con le migliori tecnologie attualmente disponibili, è del 70%. Significa che sarebbero necessari 6,299 kWh di energia elettrica per ogni chilogrammo di acqua per produrre 1,24 Nm3 di H2 e 0,622 Nm3 di O2 (Rif [i]). L’efficienza di generazione elettrica delle celle a combustibile va dal 40% al 60% (Rif. [ii] e [iii]). L’efficienza globale dell’intero ciclo è dunque compresa fra il 28% ed il 42%. Nella pratica è necessario considerare anche il consumo elettrico per produrre l’acqua demineralizzata necessaria per l’idrolisi, per il pompaggio della medesima nelle celle e, infine, per stoccare l’H2 e l’O2 in bombole ad alta pressione. Pertanto, il rendimento reale del ciclo sarebbe ancora più basso, ma sia l’ECHA che l’IEA sorvolano tale aspetto del processo. A modo di riferimento, ricordiamo che un cogeneratore endotermico a biogas ha un’efficienza di generazione elettrica dell’ordine del 38%-42%.
  2. Idrogeno sottoprodotto dall’industria chimica.
    La produzione di soda caustica si realizza mediante l’elettrolisi di una soluzione di sale comune (ClNa) in acqua, ottenendo come sottoprodotto idrogeno e cloro. Anche la produzione di alcune plastiche genera idrogeno come sottoprodotto. L’idrogeno sottoprodotto industriale è certamente una risorsa da utilizzare laddove disponibile, ma di certo non può soddisfare la domanda energetica di un intero continente. In Italia l’idrogeno sottoprodotto dall’impianto petrolchimico di Marghera rappresenta l’ennesimo esempio di risorsa sprecata per colpa delle troppe leggi contraddittorie e dell’immobilismo burocratico (si veda, dello stesso autore, la vicenda del vaporetto ad idrogeno costruito a Venezia).
  3. Reazione fra carbonio e acqua.
    Il carbonio può reagire con l’acqua ad alte temperature, secondo le seguenti reazioni:
    • Reazione di spostamento del gas d’acqua, schematicamente rappresentata da: CO + H2O → CO2 + H2. La reazione è catalizzata da Fe2O3 o Cr2O3.
    • Gassificazione del carbone, C + H2O → CO + H2, è una reazione che avviene fra carbone e vapore acqueo a temperature maggiori di 1000 °C. Veniva utilizzata tra la fine del XIX secolo e i primi del XX per produrre il gas di città.
    • Reforming del gas naturale. La reazione CH4 + H2O → CO + 3H2 avviene tra metano e vapore acqueo ad una temperatura tra i 700 e i 1100 °C.

Poiché le biomasse vegetali sono composte all’incirca dal 50% C, 6% H, e 41% O (Rif. [iv]), la loro gassificazione a temperature maggiori di 1000 °C, con aggiunta di vapore, realizza le tre reazioni descritte sopra. Il risultato è una miscela ricca di H2, chiamata syngas, dalla quale è relativamente facile separare l’anidride carbonica (CO2). Il processo di gassificazione delle biomasse è comunque più complesso ed inefficiente rispetto al reforming del gas naturale, motivo per il quale l’industria preferisce quest’ultimo. Se la politica decidesse d’incentivare la gassificazione di biomasse e penalizzare il reforming del gas naturale, allora si aprirebbe un nuovo mercato per le aziende agricole, quello dell'”idrogeno pulito” prodotto con i loro scarti lignocellulosici.

Da un punto di vista prettamente termodinamico, la gassificazione della biomassa è più conveniente dell’elettrolisi dell’acqua perché utilizza il calore prodotto mediante la combustione di una frazione della biomassa. Secondo uno studio pubblicato dall’Iea (Rif. [v]), la produzione d’idrogeno mediante gassificazione della biomassa è fattibile a condizione che il processo non utilizzi aria bensì ossigeno puro e vapore, perché l’azoto atmosferico andrebbe a finire nel syngas, ed essendo un gas inerte poco solubile, è molto difficile da separare dall’idrogeno.

Lo studio in questione analizza i dati di tre impianti pilota (delle Università di Vienna, Stuttgart e l’Energy research center Netherlands) nei quali la gassificazione si realizza con il vapore generato dalla combustione delle biomasse mediante riscaldamento indiretto, utilizzando l’aria come comburente ma evitando nel contempo che l’azoto atmosferico finisca nel syngas. Tali tecnologie producono syngas con un tenore di H2 compreso fra 27 e 45%. Lo studio dell’IEA analizza inoltre le prestazioni di una nuova tecnologia, detta SER (Sorption Enhanced Reforming), che utilizza calce viva (OCa) iniettata nel gassificatore assieme alla biomassa con lo scopo di eliminare la CO2 durante la gassificazione e favorire la produzione di idrogeno. Durante le prove dei prototipi alle Università di Vienna e di Stuttgart, la tecnologia SER ha prodotto syngas con 73% di H2. L’efficienza complessiva della gassificazione della biomassa è del 69%, quindi quasi uguale a quella dell’elettrolisi dell’acqua, con il vantaggio di non dipendere dagli sbilanci fra generazione solare/eolica e domanda della rete. Lo studio economico indica che, allo stato attuale delle ricerche, la gassificazione di biomassa risulta economica solo se il prezzo dell’idrogeno è maggiore di 2,70 euro/chilogrammo.

Conclusioni

Dalla Foto 2 osserviamo che l’idrogeno da carbone, o da gas naturale, risulta ancora il più competitivo. L'”idrogeno pulito” propagandato dalla signora Von der Leyen e dal signor Timmermans, basato esclusivamente sull’elettrolisi dell’acqua mediante eccedenti di energia eolica e fotovoltaica, è concorrenziale solo se sovvenzionato con soldi pubblici. Desta sospetto, o quanto meno perplessità, il fatto che l’Ue intenda destinare cospicui finanziamenti pubblici alla tecnologia dell’elettrolisi, quando la stessa UE considera idrogeno e biometano come vettori energetici equivalenti.

La tecnologia per produrre biometano è decisamente più economica, ed il biometano è 100% compatibile con le infrastrutture esistenti: quindi per quale motivo destinare massicce risorse all’idrogeno? Sembra anche strano che il bioidrogeno prodotto mediante dark fermentation – una tecnologia molto simile a quella della digestione anaerobica – così come la gassificazione della biomassa non siano state minimamente considerate dalla classe politica di Bruxelles. Le tecnologie di gassificazione della biomassa più avanzate sono in grado di produrre syngas ad alto tenore di idrogeno, con la stessa efficienza energetica degli elettrolizzatori, ma sono ancora allo stadio sperimentale, per cui non rappresentano un’opportunità per le aziende agricole nel breve-medio termine.

Da un punto di vista puramente tecnico, possiamo dimostrare con certezza matematica che un treno diesel convenzionale, convertito per funzionare a biometano, avrebbe la stessa efficienza complessiva del Coradia iLint franco-tedesco. Tale conversione è perfettamente alla portata delle officine delle Ferrovie Italiane, richiederebbe solo una modesta spesa – tra l’altro non soggetta al pagamento di royalties ad aziende estere – e l’acquisto di biometano da parte del Gruppo FS favorirebbe le aziende agro-energetiche nostrane.

Bibliografia

[i] Università di Napoli, Corso di tecnologie energetiche, Modulo tecnologia dell’idrogeno.
[ii] Marina Ronchetti; Celle a combustibile. Stato di sviluppo e prospettive della tecnologia; pubblicazione dell’Enea, 2008.
[iii] US D.O.E., Fuel cells fact sheet.
[iv] Channiwala S.A., On biomass gasification process and technology developments. PhD Thesis, Mechanical engineering department, Iit, Mumbai 1992). I valori ottenuti dal Channiwala sono riportati nel sito della Biomass energy foundation.
[v] Matthias Binder, Michael Kraussler, Matthias Kuba, and Markus Luisser; Hydrogen from biomass gasification, Iea Bioenergy; ISBN 978-1-910154-59-5, 2018.

5 risposte a “Idrogeno da biomasse e Green Deal: È possibile eludere le Leggi della termodinamica con una direttiva CE?”

  1. Grazie di questo approfondito dettaglio sull’argomento “Idrogeno”, divenuto così di moda nell’ambito UE.

    Al riguardo segnalo un interessante articolo recente dell’amico Prof. Samuele Furfari sempre sul tema “Idrogeno” che potrebbe risultare utile a complemento di quanto ottimamente scritto dal Dr. Mario Rosato qui sopra:

    “https://www.latribune.fr/opinions/hydrogene-enieme-utopie-de-l-ue-ou-comment-se-chauffer-en-brulant-des-sacs-louis-vuitton-853316.html?utm_source=Energy+geopolitics&utm_campaign=9d8b65cbf5-EMAIL_CAMPAIGN_2020_07_22_04_39&utm_medium=email&utm_term=0_1fc3386348-9d8b65cbf5-413909217 “

  2. Penso che non ci sia da scomodare troppo la Termodinamica per rendere evidente che c’è un’azione di lobbying dietro questa nuova politica che supporta la diffusione dell’idrogeno.
    Avvenne negli anni ‘90 (ma anche prima negli anni ‘60 collegato col nucleare) ed ora si ripresenta. Per l’Italia sarà da acquistare tutta tecnologia straniera (da cui i notevoli fondi fornitici). Ma questo già vale per il settore del biogas. Si risolverà in un grande flop dovuti agli intrinseci alti costi (vedi auto elettrica).

    1. Sono d’accordo che c’è una certa confusione sull’idrogeno. Certamente ha la sua attrattiva come combustibile pulito, ma si tende a confonderlo con una fonte energetica, mentre non è che un vettore e non senza complicazioni tecniche nel suo stoccaggio. Quanto alle lobby, ce ne sono per tutte le energie e non ci vedo niente di male nel propugnare le proprie ragioni. Meno condivisibile trovo la preoccupazione per l’acquisto di tecnologia straniera, tanto più che proprio il settore del biogas sta a dimostrare che l’industria italiana ha saputo rafforzarsi in questo settore ed oggi i tre leader del settore sono tutti italiani e stanno consistentemente esportando tecnologia in tutto il mondo. Per non parlare del settore del gas naturale e del biometano, su cui l’Italia ha storicamente una chiara leadership.

  3. Sarebbe però opportuna una seria riflessione se siano davvero utilmente spesi (visto che vengono prelevati dalle Bollette dei consumatori elettrici) questo immane volume di risorse economiche per finanziare questo o quel settore opportunista , sulla base di un’ideologia (quella del clima che è stravolgente per chi volesse semplicemente approfondire il tema , esaminando proprio la storia del clima anche solo negli ultimi 2-3.000 anni!
    Forse è arrivata l’ora di darci un taglio nell’interesse di tutti e soprattutto dei consumatori elettrici che da molti anni pagano il balzello in Bolletta e questo continuerà almeno fino al 2032.

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