Biogas e indipendenza dal gas russo: la Spagna batterà l’Italia sul tempo?

Last Updated on 07/05/2022 by Mario A. Rosato

Ripubblicazione di un articolo di Mario A. Rosato su Agronotizie.

Il Consiglio dei Ministri spagnolo approva in tempo record le Linee Guida per incentivare il biogas.

Lo scorso 22 marzo il Consiglio dei Ministri spagnolo ha approvato le Linee Guida sullo Sviluppo del Settore Biogas (testo integrale in spagnolo in questa pagina). Una bozza delle stesse era stata sottoposta a consultazione pubblica a settembre 2021, ricevendo diversi suggerimenti dalle associazioni di categoria spagnole che sono stati inclusi nel documento finale.

Il conflitto in Ucraina ed il conseguente aumento dei prezzi dei carburanti fossili ha spinto la Commissione Europea ad una presa di posizione ufficiale con la sua Comunicazione al Parlamento Europeo: REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (testi in italiano della Comunicazione e relativi allegati in questa pagina).

Da diversi anni il Governo spagnolo stava tentando di recuperare il ritardo sullo sviluppo delle energie rinnovabili causato dai governi precedenti. La guerra in Ucraina e le spinte europee sono servite a superare di colpo le discussioni ideologiche fra i diversi partiti, trovando un accordo per il bene comune. Ciò dovrebbe essere la normalità in qualsiasi democrazia, ma in un Paese culturalmente molto simile all’Italia un accordo fra partiti basato su criteri scientifici è una rarità che costituisce notizia.

In estrema sintesi, le Linee Guida appena approvate prevedono:

  • Superare i 10,4 TWh, che significa moltiplicare per 3,8 la produzione attuale di biogas entro il 2030 rafforzando l’economia circolare e fermando l’esodo della popolazione rurale mediante la creazione di nuove filiere. Ci si aspetta di evitare l’emissione in atmosfera di circa 2,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno.
  • Creare un sistema di garanzie d’origine del gas rinnovabile, già in corso, con la possibilità di fissare obiettivi e quote di immissione per sviluppare il mercato.
  • Attivare una linea di aiuti per implementare i progetti di biogas, per un valore di 150 milioni di euro, a carico del Piano di Recupero, Trasformazione e Resilienza (Prtr).

La strategia spagnola non tralascia nessuna matrice potenzialmente fermentescibile né spinge per un modello concreto: scarti agricoli, Forsu e fanghi verranno utilizzati per produrre elettricità, calore industriale o biometano da trazione. È importante osservare come gli spagnoli abbiano incluso nel piano la produzione di calore direttamente da biogas da utilizzare nello stesso impianto di digestione oppure in piccole reti di teleriscaldamento. L’utilizzo termico è il più logico ed economico per il biogas, ma non è mai stato preso in considerazione dal modello produttivo imposto in Europa che vede come uniche opzioni valide la generazione elettrica o l’upgrading a biometano, decisamente più costose e complesse.

Il piano spagnolo per incentivare il biogas include 45 misure divise in cinque linee di azione:

  • Strumenti normativi. Andrà creato un sistema di garanzia d’origine affinché i consumatori possano distinguere se acquistano energia da biogas o da gas naturale. Si prevede la semplificazione delle procedure autorizzative e soprattutto l’omogeneizzazione delle interpretazioni che ne fanno gli enti locali – causa di lungaggini in Spagna come in Italia – in particolare per quanto riguarda la gestione sostenibile del digestato come fertilizzate. Su quest’ultimo punto la lettura del testo lascia intravedere un approccio un po’ gattopardesco: vengono semplicemente elencate le leggi spagnole che contengono più o meno gli stessi vizi ideologici del famigerato Decreto Effluenti e il concetto di “end of waste” – fine dello status giuridico di rifiuto – per non è chiaro quale sarà la semplificazione. Come in Italia, il digestato da fanghi fognari continuerà ad essere escluso dall’utilizzo agricolo.

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  • Strumenti settoriali. Si stabilisce la possibilità di definire obiettivi annuali di volumi di vendita o di consumo di biogas, quote obbligatorie, come si fa ad esempio con i biocarburanti liquidi. Si propone di incentivare la produzione di biogas con lo scopo che sia consumato in situ, ad esempio come calore di processo nell’industria agroalimentare o nel processo di trattamento dei rifiuti, o nelle flotte di veicoli. In ossequio all’ideologia del Green Deal e all’ideologia anti biometano della destra spagnola viene menzionata la possibilità di iniettare biometano in rete o di convertire il biogas in idrogeno, purché si dimostri economicamente viabile.

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  • Strumenti economici. Si propone di dirottare fondi di aiuti già esistenti (programmi nazionali) per finanziare l’innovazione e lo sviluppo tecnologico del biogas e sfruttare anche il Piano di Recupero, Trasformazione e Resilienza (Prtr). A quanto pare, quest’ultimo prevedeva già azioni di aiuto al comparto del biogas, per cui la sua inclusione nelle nuove Linee Guida sembrerebbe piuttosto un promemoria o una specie di armonizzazione di provvedimenti.
  • Strumenti trasversali. Si cercherà di dare la priorità ai progetti di biogas in zone svantaggiate, di introdurlo nei capitolati di appalti pubblici. Lo studio della tecnologia di digestione anaerobica verrà incluso fra le materie di formazione tecnica. Si organizzeranno campagne di sensibilizzazione dei cittadini per migliorare la qualità della raccolta differenziata dei rifiuti. Si faciliterà la creazione di comunità energetiche rurali e gruppi di lavoro all’interno delle cooperative agricole per facilitare la sua implementazione. Si incentiverà la partecipazione ed il coordinamento di progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea.
  • Impulsare la ricerca e lo sviluppo. Impulsare la ricerca sulle tecniche di riduzione delle emissioni di gas contaminanti che non sono gas di effetto serra, promuovere progetti dimostrativi sull’utilizzo termico del biogas nell’industria e nell’agricoltura o l’innovazione sulle tecnologie di digestione meno mature. Non è chiaro quale sia la relazione del biogas con i “gas contaminanti che non sono di effetto serra”, quali siano tali gas né per quale motivo una parte delle risorse che dovrebbe essere utilizzata per promuovere il biogas andrebbe dirottata su questa piccola nicchia di ricerca. Considerando che circa il 60% della biomassa (vegetale) in alimentazione al digestore esce senza essere digerita, la priorità della ricerca dovrebbe essere aumentare ad ogni costo l’efficienza di digestione.

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Il provvedimento del Governo spagnolo ci fornisce alcuni spunti di riflessione:

  • Nonostante la Spagna sia un Paese meno metanizzato e meno dipendente dal gas russo rispetto all’Italia, l’ideologia “anti biogas” pesa di meno fra i partiti spagnoli. La paura della guerra ha consentito di trovare un accordo in tempi relativamente brevi nonostante l’estrema frammentazione di forze politiche e campanilismi regionali che caratterizzano i nostri cugini iberici.
  • L’atteggiamento istituzionale nei confronti del metano è più pragmatico – per usare un eufemismo – in Spagna che in Italia. Ad esempio, il progetto del rigassificatore nel porto di Mugardos (A Coruña) è stato esonerato dalla Valutazione di Impatto Ambientale (Via). In Italia, invece, l’opposizione al rigassificatore nel porto di Trieste ha dimostrato la miopia ideologica ed il campanilismo che caratterizzano la classe politica italiana: per l’allora presidente regionale Debora Serracchiani “è incompatibile con il Piano Regolatore”; per l’allora ministro Carlo Calenda “non è strategico”; per l’assessore regionale Sara Vito è “sovradimensionato per le necessità della regione”; e per il deputato Aris Prodani la Via andava revocata per una serie di cavilli burocratici. Le ipotesi complottistiche attorno al progetto sono quelle comuni ai “comitati del no” e al M5S. Riportiamo un articolo a titolo di esempio il cui autore si nasconde dietro un nickname.
    In un Paese civile, un’opera della portata di un rigassificatore dovrebbe essere valutata in modo logico e razionale, nell’ottica dell’interesse nazionale di lungo termine. Né con l’atteggiamento complottista campanilista del Friuli Venezia Giulia, ma neanche con un’accettazione acritica come nel progetto galiziano.
  • Il piano spagnolo prende atto e si propone di valorizzare i vantaggi ambientali della digestione anaerobica. L’obiettivo di una parziale autarchia sul metano non è dunque fine a se stesso, ma incluso in un’ottica di economia circolare più ampia. In Italia, invece, troviamo un esempio opposto nella Provincia Autonoma di Trento dove si prevede di metanizzare 47 comuni montani che sarebbero perfettamente autosufficienti con una gestione moderna e razionale delle biomasse boschive.
    Come segnala il presidente della Federazione Italiana Per le Energie Rinnovabili (Fiper), Walter Righini, in un comunicato stampa: “Nel nostro Paese il complesso agroforestale energeticamente programmabile sarebbe in grado, se orientato opportunamente, di evitare l’importazione di almeno 13 miliardi di metri cubi di gas naturale, il tutto con una ricaduta finanziaria molto importante sul sistema economico nazionale. Si tratta, infatti, di un valore pari al 35/40% dell’importazione di gas dalla Russia registrata nel 2021, che oggi si traduce in 27-40 miliardi euro/anno”. Tra i punti sottolineati dal presidente Righini, nel suo intervento, c’è stata anche l’importanza di favorire lo sviluppo del biometano per i trasporti.
  • Per quanto riguarda la questione dei gas di effetto serra è evidente come i politici (e non solo quelli di Roma e Madrid) tirano in ballo l’argomento per difendere le proprie posizioni, senza però avere alcun criterio scientifico di valutazione. Abbiamo già segnalato in altri articoli gli errori concettuali nella dottrina europea dell’idrogeno pulito (Idrogeno da biomasse e Green Deal e Il ritorno del bioidrogeno) e anche quelli dei gruppi politici no biogas (I “comitati del no” ed il vademecum no biogas e biomasse e Quale futuro per le bioenergie nella prossima legislatura?). Il luogo comune è la demonizzazione dell’agricoltura convenzionale e degli allevamenti, colpevoli di emissioni di metano. La realtà inconfutabile è ben diversa. Secondo i dati rilevati dal satellite europeo Ghgsat, lo strumento tecnologicamente più avanzato per l’identificazione delle emissioni di metano in atmosfera, il contributo dell’agricoltura e degli allevamenti è irrilevante. I principali emettitori di metano sono le industrie di estrazione di combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone), seguite dalle discariche di rifiuti (Foto 1). Le emissioni dell’Europa contano pochissimo nel bilancio globale, il principale emettitore di metano è la Cina, seguita a grande distanza da Usa e Russia (Foto 2).

 

Emissioni di metano in atmosfera per settore merceologico

Foto 1: Emissioni di metano in atmosfera per settore merceologico. Rilevazioni Ghgsat, Rapporto 2021, testi in italiano dell’autore

(Clicca sull’immagine per ingrandirla)

 

Emissioni di metano in atmosfera relative all'industria di estrazione del carbone

Foto 2: Emissioni di metano in atmosfera relative all’industria di estrazione del carbone. Rilevazioni Ghgsat, Rapporto 2021. Quattro miniere in Cina e una a cielo aperto in Kazakhstan emettono circa come tutte le altre miniere di carbone nel resto del Mondo

(Clicca sull’immagine per ingrandirla)

Riflessioni personali dell’autore

L’autarchia era un concetto filosofico politico valido (forse) ai tempi dei filosofi cirenaici, ma risulta utopica per una società industrializzata ed interconnessa come quella del Ventunesimo Secolo. Però, senza cadere nelle illusioni dell’era fascista – pure quelle prive di base logica né scientifica – è innegabile che una certa dose di autosufficienza – basata sui criteri di economia circolare – ed una politica di diversificazione delle risorse – basata sul buon senso – sono fondamentali per garantire la resilienza energetica di una Nazione.
Superando tempestivamente le ideologie di partito per rispondere alla crisi energetica del proprio Paese, la politica spagnola ci ha dato una piccola lezione di pragmatismo. La classe politica italiana, intanto, continua a sprecare tempo dibattendo sulle implicazioni morali ed etiche di fornire o non fornire armi all’Ucraina, o se destinare il 2% del Prodotto Interno Lordo (Pil) alla spesa militare farà arrabbiare il Papa o se il senatore A o il deputato B siano “putiniani”. Secondo il filosofo sabaudo Joseph De Maistre (1753-1821), “Ogni Nazione ha il Governo che si merita”. Ma cosa abbiamo fatto per meritare un Governo di pseudo filosofi crociani per i quali le reazioni emotive contano di più della logica o della scienza?

 

 

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